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Si taglia una pianta, non un’idea

  • cloneberry
  • 17 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

Qualche giorno fa ho ricevuto questa locandina da un collega dell’Università di Parma. L’ho aperta, l’ho guardata, ho riso. Poi ho riguardato, e ho riso un po’ meno.


Perché è tutto vero.


Una manifestazione contro “i nuovi OGM” (che già come definizione grida clickbait) per protestare contro la sperimentazione di pomodori TEA.


Una sperimentazione legale. Autorizzata dal governo. In campo pubblico. In condizioni controllate. Con dati condivisi. E con un obiettivo chiaro: migliorare l’agricoltura.


Ora, io lo so che il mondo è complesso, che la genetica fa paura, e che “OGM” è una parola che fa più audience di “siccità”, “peronospora” o “rese agricole”.


Ma davvero, nel 2025, la strategia è ancora questa?


Parliamo di piante frutto di anni, decenni, a volte di un secolo di ricerca. Piante che nascono da un'idea di futuro, ma anche da lavoro quotidiano, dedizione, salari e speranze. Dietro quei filari non ci sono solo scienziati, ma famiglie, giovani ricercatori, tecnici, agricoltori.


Negli anni scorsi, campi sperimentali di vite e riso TEA sono stati fisicamente distrutti, nonostante fossero legalmente autorizzati e accessibili. I campi di pomodoro, invece, non sono ancora stati toccati, ma la tensione è palpabile: sono già comparse minacce e imbrattamenti nei siti di prova, come se la protesta stesse solo aspettando il momento giusto per trasformarsi in sabotaggio.


Distruggere questi campi non è una forma di protesta: è una rinuncia deliberata al confronto.Perché se anche si potessero tagliare mille piante con un tronchesino, non si taglia così facilmente la voglia di capire, migliorare, innovare.Per fermare davvero la ricerca – e per fortuna non è così semplice – servono argomenti, dati, domande scomode e risposte complesse. Non lame (ma neanche fucili o altre armi, sia chiaro!).


Il paradosso è evidente: si dice di voler salvare l’agricoltura, e si attacca proprio chi lavora per renderla più sostenibile, resiliente e adatta al cambiamento climatico. Le tecniche di evoluzione assistita sono frutto del tentativo umano, fallibile ma onesto, di usare la conoscenza per accelerare ciò che accade comunque da milioni di anni spontaneamente: l'evoluzione. Solo, con un po’ di criterio. E magari con meno acqua, meno pesticidi e qualche speranza in più per chi deve produrre cibo in un pianeta che cambia.


E diciamolo: se guardiamo al DNA, la storia della vita è una continua orgia genetica: i geni si mischiano, si scambiano, si duplicano e si perdono. La natura è un laboratorio anarchico e pieno di mutazioni, e definirsi "contro gli OGM" oggi è, senza mezzi termini, essere contro la vita stessa.


Costruire dialogo richiede più fatica che calpestare una risaia. Ma è anche l’unica strada.


Lo disse anche qualcuno che di dialogo se ne intendeva: “Costruite ponti, non barriere.”

Un consiglio che vale per tutti, in ogni direzione.


Se questo post ti ha offeso, puoi distruggerlo con una zappa digitale, possibilmente certificata biodinamico.

Se invece ti ha fatto riflettere... beh, porta la discussione dove serve: nel merito, nei dati, nei campi ed evita i cortei con tronchesino.



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